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Una riflessione critica sulle metriche spettrali e sul loro reale utilizzo nella progettazione

  • Immagine del redattore: Matteo Manzi
    Matteo Manzi
  • 14 mar
  • Tempo di lettura: 4 min
luce del giorno che cambia di temperatura

Negli ultimi anni, la progettazione dell’illuminazione si è evoluta oltre la semplice ottimizzazione dell’efficienza luminosa, integrando principi di Human Centric Lighting (HCL). Questo approccio riconosce che la luce non influisce solo sulla visione, ma anche sui ritmi circadiani, sul benessere psicofisiologico e sulle prestazioni cognitive e quindi direttamente sulla maggiore o minore produttività, sia a casa che nei luoghi di lavoro. In questo contesto, sono state sviluppate diverse metriche spettrali per quantificare gli effetti biologici della luce e guidare la progettazione illuminotecnica. Tra queste, Equivalent Melanopic Lux (EML), Melanopic Equivalent Daylight Illuminance (M-EDI) e Circadian Stimulus (CS) rappresentano le principali unità di misura utilizzate per valutare l’effetto circadiano della luce. Tuttavia, l’affidabilità e l’efficacia di queste metriche nel fornire una base progettuale solida sono state e sono tutt'ora oggetto di dibattito.

L’obiettivo che vorrei pormi è esaminare criticamente queste metriche, evidenziandone vantaggi e limiti, per comprendere in che misura possano realmente supportare una progettazione illuminotecnica consapevole e infine quale penso sia l'approccio più auspicabile.


tre uffici con tre luci con tre temperature colore diverse

Le principali metriche spettrali: vantaggi e criticità


L’Equivalent Melanopic Lux (EML) è una metrica introdotta da Lucas et al. (2014) e adottata nel contesto di alcuni standard edilizi, come nel protocollo WELL, con l’obiettivo di quantificare l’effetto circadiano della luce misurando la componente melanopica dello spettro luminoso (picco intorno ai 490 nm) di una sorgente rispetto a un riferimento standard. L’EML si ottiene moltiplicando i lux fotopici per un coefficiente melanopico specifico della sorgente luminosa.


Vantaggi:

  • Facilità di calcolo e, esprimendosi semplicemente in lux, implementazione pratica nella progettazione illuminotecnica.

  • Ampia adozione in protocolli edilizi, facilitando la conformità a standard di certificazione.


Svantaggi:

  • Non è una misura universalmente riconosciuta: la Commission Internationale de l’Éclairage (CIE) ha sconsigliato l’uso dell’EML in favore di metriche più rigorose come il M-EDI.

  • Mancanza di validazione fisiologica diretta: l’EML assume una correlazione lineare tra illuminamento melanopico e risposta biologica, mentre la realtà è più complessa e coinvolge molteplici fattori neurobiologici.

  • Ambiguità progettuale: poiché il valore dell’EML è determinato sia dall’intensità che dalla temperatura colore della luce (CCT), è possibile raggiungere lo stesso valore EML con configurazioni spettrali molto diverse, non sempre ottimali per la regolazione circadiana.


Il Melanopic Equivalent Daylight Illuminance (M-EDI) è stato proposto dalla CIE nel 2018 come una versione più standardizzata e scientificamente fondata dell’EML. Il M-EDI esprime infatti l’intensità di illuminamento che una sorgente dovrebbe avere per produrre lo stesso effetto melanopico della luce diurna di riferimento (D65, ovvero circa 6500 k). Ad esempio, un M-EDI di 100 lx significa che la luce valutata genera la stessa attivazione dei recettori melanopsinici di 100 lx di luce diurna.


Vantaggi:

  • Scientificamente validato e riconosciuto da enti normativi internazionali.

  • Espresso in unità standardizzate (lux), rendendolo facilmente interpretabile nel contesto dell’illuminazione architettonica.

  • Più preciso rispetto all’EML grazie a una definizione matematica e normativa chiara.


Svantaggi:

  • Manca di una correlazione diretta con le risposte fisiologiche circadiane: come l’EML, il M-EDI rappresenta uno stimolo luminoso potenziale e non una risposta biologica misurata.

  • Non considera il tempo di esposizione: il M-EDI fornisce una misura istantanea dell’efficacia melanopica di una sorgente, ma non integra variabili temporali come la durata dell’esposizione o il momento della giornata in cui la luce viene percepita.


Il Circadian Stimulus (CS) è stato sviluppato dal Lighting Research Center (Rea, Figueiro et al.) come un tentativo di correlare l’illuminazione con una risposta biologica misurabile, in particolare la soppressione della melatonina. A differenza di M-EDI ed EML, che si limitano a descrivere la capacità di una luce di stimolare i recettori melanopici, il CS fornisce una stima della soppressione percentuale della melatonina in condizioni standardizzate, ovvero il CS risultante è un valore tra 0.0 e 0.7 (0%–70% circa) che indica la frazione di melatonina soppressa da quella condizione di luce in un’ora (un CS di 0,3 significa che quella fonte sopprime circa il 30% della melatonina in un'ora).


Vantaggi:

  • Fornisce una misura fisiologica diretta, indicando il potenziale effetto di una luce sulla regolazione circadiana.

  • Considera la saturazione della risposta biologica: oltre un certo livello, l’effetto circadiano della luce non cresce linearmente, e il CS tiene conto di questa non-linearità.


Svantaggi:

  • Modello complesso e sensibile a piccole variazioni spettrali: piccole differenze nello spettro possono produrre valori CS significativamente diversi, rendendo difficile l’applicazione pratica in ambienti reali.

  • Basato principalmente sulla soppressione della melatonina: sebbene importante, la melatonina non è l’unico marcatore di sincronizzazione circadiana, e il CS non cattura altri effetti non-visivi della luce.


    immagine stilizzata che rappresenta il concetto di human centric light

Oltre le metriche: la necessità di un approccio olistico


Sebbene queste metriche siano strumenti utili per valutare il potenziale circadiano di un’illuminazione, è evidente che nessuna di esse, da sola, è sufficiente per progettare un sistema di illuminazione veramente Human Centric. L’illuminazione circadiana non è determinata solo dalla quantità di stimolo melanopico, ma anche da fattori come:


  • Durata dell’esposizione: una luce altamente circadiana efficace al mattino avrà effetti diversi se esposta per 30 minuti o per 3 ore.

  • Timing: la stessa quantità di luce che promuove la veglia al mattino può ritardare il sonno se ricevuta nelle ore serali.

  • Contrasto giorno-notte: la regolazione circadiana ottimale richiede non solo un’adeguata esposizione diurna alla luce, ma anche una chiara riduzione della stimolazione luminosa nelle ore serali e notturne.


L’approccio progettuale dovrebbe quindi integrare le metriche spettrali con una comprensione cronobiologica più ampia, assicurando che l’illuminazione segua un profilo dinamico coerente con il ciclo naturale luce-buio.


una ragazza sorridente che guarda dal basso una luce appesa

Conclusioni e prospettive future


In definitiva, mentre EML, M-EDI e CS rappresentano passi avanti nella progettazione dell’illuminazione orientata al benessere, il loro utilizzo deve essere contestualizzato e non considerato come unico parametro di riferimento. Per una progettazione realmente Human Centric, è necessario adottare un approccio multidimensionale, che combini dati quantitativi con principi cronobiologici e un’attenta analisi dell’uso reale degli spazi.

In questa direzione, aziende e istituti di ricerca stanno sviluppando nuove tecnologie LED con spettri ottimizzati, capaci di fornire un migliore supporto al ritmo circadiano senza compromettere il comfort visivo. Affronterò questo argomento in un articolo successivo, dedicato alle più recenti innovazioni nel campo dell’illuminazione dinamica e adattiva.

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